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domenica 4 dicembre 2011

Civetta nana (Glaucidium passerinum)

CIVETTA NANA (Glaucidium passerinum)










                                            


Ordine: Strigiformes
Famiglia: Strigidae
Nome inglese: Pygmy Owl
Nome scientifico: Glaucidium passerinum (Linnaeus, 1758)
Categoria corologica: Eurosibirica boreoalpina

La Civetta nana, Glaucidium passerinum, è uno Strigiforme comune nella penisola Scandinava ed in Russia ove si riproduce in comprensori planiziali, benché coperti da enormi foreste di conifere.
In Italia, invece, la sua presenza è circoscritta all'areale alpino: una sorta d'isolamento dai contingenti nordici che la identificano come un relitto glaciale. In particolare la Civetta nana risulta legata ai boschi misti di abete
bianco e rosso ad evoluzione naturale; la sua distribuzione è continua nel settore Orientale delle Alpi, mentre in
Lombardia, Piemonte e Val d'Aosta la sua presenza è più sporadica, anche se la mancanza di monitoraggi
approfonditi induce a sottostimarne lo status demografico specie sulle Alpi lombarde.
Predilige le abetaie con impianti disetanei, ove le porzioni vegetazionali più compatte s'integrano a radure con
ricchi sottoboschi e fustaie più giovani. In provincia di Bergamo è abbastanza rara, ma presente nelle parti più
settentrionali dei solchi vallivi della Val Seriana e Val Brembana.
La distribuzione altitudinale di questo piccolo rapace evidenzia un profilo ottimale compreso tra i 1200 ed i 1600m., ma come altre specie alpine è soggetta ad erratismi e migrazioni verticali e in inverno la si rinviene anche a quote inferiori ai 1000 metri. Durante il periodo riproduttivo si hanno segnalazioni anche oltre i 2000 metri al limite distributivo della vegetazione arborea.
La Civetta nana è una specie inconfondibile, in virtù di caratteri biometrici singolari e le dimensioni di uno
storno; rispetto ad altri Strigiformi non possiede ciuffi auricolari e i dischi facciali sono solo abbozzati. Il
piumaggio bruno macchiato di bianco sul dorso è caratterizzato da una coda ben pronunciata con 4 evidenti
barrature color panna e da un petto con un piumaggio candido e screziature brune più marcate sui fianchi.
Le sue abitudini sono meno crepuscolari rispetto ad altri rapaci notturni e non è improbabile sorprenderla
posata su qualche abete anche in pieno giorno.
Il canto della Civetta nana è particolare, flautato, ricorda in parte le vocalizzazioni monosillabi dell'Assiolo e del Ciuffolotto: vocalizzazioni emesse in particolare al crepuscolo o alle prime luci dell'alba.
Le dimensioni non ingannino, pur essendo minuscola, riesce ad evidenziare capacità predatorie davvero
eclatanti. Si alimenta prelevando con frequenza piccoli vertebrati terrestri come arvicole, toporagni e topi
selvatici ma evidenzia una predilezione per i passeriformi forestali (specie in inverno) che riesce a catturare con
abilità. Pur predando ordinariamente Luì, balie nere, verdoni, verzellini, regoli, cince e fringuelli; approfondite
indagini sul sistema trofico della Civetta nana hanno permesso di scoprire sorprendenti catture quali il Picchio
rosso maggiore o Turdidi come tordele, cesene e merli che sono di dimensioni maggiori alla stessa "civetta"!
Come la "cugina" Civetta capogrosso, anche la Civetta nana ama riprodursi all'interno di cavità create dal Picchio nero o dal Picchio rosso maggiore. La sovrapposizione di areali tra "civette" di montagna (capogrosso e nana) e picchi è talmente evidente che gli studi sulla Civetta nana si svolgono sempre dove viene riscontrata
precedentemente la presenza dei Picidi.

domenica 6 novembre 2011

FOTO

 spuntino notturno

Maya da piccola (1 mese circa)


 atterraggio :)



Roby e Maya










domenica 30 ottobre 2011

RAPACI NOTTURNI: UN Pò DI ANATOMIA

Piumaggio
I rapaci notturni hanno un piumaggio morbido dovuto alla presenza di velluto che ricopre le penne, tutte le specie notturne hanno una coda corta costituita da 12 penne timoniere, ma possono avere ali lunghe e appuntite (consentono un volo molto agile) come il Barbagianni o il Gufo o ali tozze e corte (il volo è meno agile ma più veloce)  come l'Allocco o la Civetta. Le remiganti primarie (10 penne) e le penne più esterne sono frangiate, questo assieme alla presenza di velluto sulle penne fa si che si eliminino i vortici d'aria durante il volo ottenendo così un volo silenzioso.


ZAMPE
I tarsi generalmente sono tozzi coperti da piumino o filopiume per garantire protezione. Gli artigli nelle specie più piccole sono appuntiti e taglienti, mentre in quelle più grosse sono quasi arrotondati.

VISTA
I rapaci notturni hanno una vista binoculare. Avendo una vista prevalentemente notturna sono dotati di palle degli occhi enormi, la loro retina ha molti bastoncelli (cellule in grado di percepire la luce) e molti meno coni (cellule che recepiscono i colori). Hanno 3 palpebre: superiore inferiore e nittitante, quest'ultima serve a proteggere l'occhio. Vedono  molto bene di notte anche se non hanno una visione perfetta dell' ambiente che li circonda. l'iride può avere, generalmete, tre diverse tonalità di colore:
iride molto chiara (gialla): vista diurna/crepuscolare.
iride intermedia (arancione): vista diurna/notturna.
iride totalmente nera: vista prettamente notturna.

UDITO
I rapaci notturni hanno un udito molto sviluppato, utilizzato per lo studio della loro preda. La cavità auricolare si trova dietro gli occhi, dietro al caratteristico "disco facciale" costituito da filopiume (penne piccole e flessibili) che funge da parabola di amplificazione. I padiglioni auricolari sono asimmetrici ed hanno una plica di pelle a forma di mezzaluna che può essere mossa a piacimento. Per inquadrare meglio la provenienza di un suono ricevuto dai loro meati acustici (orecchie interne) utilizzano dei movimenti della testa (booding), che consentono di stabilire la provenienza di un suono, cioè azimut (orizzontale) ed elevazione (verticale) .




sabato 1 ottobre 2011

Come fare: Geti in corda sintetica

Geti in corda
Esistono anche dei geti che vengono fatti con corda sintetica (corda da paracadute) hanno il vantaggio di essere più semplici da costruire perchè non è necessario diventare matti a tagliare e lavorare la pelle, sono molto robusti e leggeri possono essere lavati e non tendono a seccare come quelli di pelle quindi non è necessario ingrassarli.  Hanno però il difetto di essere più facilmente mangiati e sfilacciati dal rapace.
Come reallizzarli:
occorre della corda da paracadute che si trova o nei negozi di attrezzatura militare o, in alternativa la si può trovare on-line.

tagliare due pezzi lunghi 45,72. Togliere tutti I fili interni tranne uno. se per errore si sfilano tutti si può far passare un filo di ferro sottile. (le misure date sembrano strane ma son state convertite dai pollici ai cm quindi si arrotondi pure sulle misure).
partendo da un’estremità della corda fare un segno a 25,4 cm e uno a 26,67 cm (Fig 1.) con una lama, meglio se calda, fare un taglio tra i due segni. La lama calda scioglie i bordi e evita lo sfilacciamento.



 Sfilare dalla fessura il filo interno che avevamo lasciato in precedenza, lasciando dentro la parte prima della fessura. Legare questo alla fine della corda molto saldamente. Ora, questa è l'unica parte difficile, tirare la corda attraverso la fessura fino alla fine uscendo all’estremità della corda (Fig. 2e3.)







Fare un nodo alla fine e fondere insieme le due estremità. Tagliare un cerchio da un pezzo di pelle spessa e farlo scorrere fino al nodo (Fig. 4). La dimensione del cerchio dipende dalla dimensione degli occhielli in uso sulle cavigliere. Si tratta di una precauzione in più per evitare che il nodo riesca a passare nell’occhiello delle cavigliere.

lunedì 26 settembre 2011

Assiolo (Otus scops)

ASSIOLO (Otus scops)


L'Assiolo o Assiuolo è lo Strigiforme più piccolo d’Europa dopo la civetta nana. In Italia è un migratore estivante, che arriva nella tarda primavera per riprodursi e ripartire quando l’estate finisce.E' soprattutto un cacciatore di insetti. Le cicale, lecavallette e i maggiolini sono fra le sue prede prevalenti. Inoltre si nutre anche di lombrichi. Attivo soprattutto di notte, vive di norma solitario e predilige ambienti aperti, talvolta anche aridi. Uliveti, foreste di pini, piccole radure di frassini, boschi, campagne alberate, parchi e giardini, in pianura ed in montagna sino al limite del castagno, anche presso le abitazioni umane, ma anche cimiteri e in parte parcheggi sono habitat adatti; ha quindi bisogno di un clima caldo e temperato se viene tenuto in cattività; inoltre la sua piccola mole lo rende delicatissimo, sia come gestione climatica (se tenuti all’esterno, è sufficiente un leggero abbassamento delle temperature per provocarne la morte) sia da un punto di vista di gestione alimentare e sanitaria. Specie quindi sconsigliabile ai più.
Scheda
Nome scientifico: Otus scops
Nominatore: Linneo, 1758
Nome inglese: Scops owl
Ordine: Strigiformes
Famiglia: Strigidae
Corologia: Eurocentroasiatico-mediterranea
Lunghezza: 18-21 cm
Apertura alare: 47-55 cm
Peso: 79 (primavera)-92 (autunno) gr
Riproduzione: uovo 31,2x27 mm. La covata, da tre a cinque uova viene deposta dalla femmina. La femmina le cova per 25 giorni.  Dopo la schiusa i piccoli scivolano fuori dopo circa 21-22 giorni e vengono curati in genere da entrambi i genitori. Già a 40 giorni sono capaci di cacciare autonomamente delle prede, ma vengono curati dai genitori per altri 20 giorni. Dopodiché ne abbandonano il territorio.

domenica 25 settembre 2011

LA FALCONERIA : UN PO' DI STORIA

 LA FALCONERIA: UN PO' DI STORIA




Le origini della falconeria si perdono nella preistoria, ma le tecniche per addestrare uccelli da caccia sembrano  siano state "inventate" indipendentemente in due o più luoghi diversi, probabilmente nell'Estremo Oriente (in Cina o in Mongolia) e nel Medio Oriente. Diversi storici hanno suggerito l'ipotesi che i falchi venissero addestrati in Cina fin dal 2000 a.C. circa, ma la testimonianza più antica che possa essere considerata certa è un bassorilievo che illustra un falconiere col suo falco trovato nelle rovine di Khorsabad e che risale al regno del re assiro Sargon, vissuto intorno al 750 a.C. Forse i primi ad addestrare falchi da caccia sono stati i cavalieri mongoli, ma è possibile che le tribù arabe abbiano tradizioni di falconeria altrettanto antiche. In Europa fu introdotta probabilmente dalle popolazioni che la invasero nell'alto Medioevo da est, forse dagli Sciti o dai Sarmati che cavalcarono in Europa dalle steppe della Russia, e certamente veniva praticata dagli Unni di Attila. In seguito la falconeria raggiunse il culmine come istituzione della società feudale medievale sia nell'Europa cristiana sia nell'Islam, per tutto il periodo che va dal VI al XVII secolo.Durante questo periodo i falconi, o "falchi nobili" come allora venivano chiamati, furono tra i beni più preziosi degli aristocratici, e rigide leggi e norme complesse ne regolavano il possesso. Severe punizioni venivano inflitte a coloro che disturbavano o comunque danneggiavano i falchi selvatici, prelevavano giovani dai nidi senza la debita autorizzazione o rubavano falchi altrui. Viene da pensare che ci sarebbero pochi bracconieri di falchi al mondo se, come allora, si mozzassero le mani o si cavassero gli occhi per colpe di questo genere. Ogni gradino della scala sociale aveva un falcone o un altro falco come simbolo del proprio rango: l'aquila reale era riservata all'imperatore; il girifalco al re; il falcone gentile ossia una particolare femmina di pellegrino al principe; il tipico pellegrino al conte; il bastardo o pellegrino terzuolo(maschio) al barone; il falco sacro al cavaliere; il lanario al nobile di campagna; lo smeriglio alla dama; il lodolaio ai paggi; mentre i falchi "ignobili" erano destinati alle classi sociali inferiori; così l'astore femmina ai piccoli proprietari terrieri, l'astore maschio ai poveri, la femmina di sparviero ai preti e il maschio di sparviero, il cosìdetto "moschetto", ai chierici di rango inferiore . In quegli anni ogni maniero aveva la sua falconiera e la carica di falconiere dava grande prestigio. I vassalli si presentavano sempre alle funzioni di corte coi falchi sul pugno, ma soprattutto la falconeria era parte integrante della vita dei guerrieri. I falchi figuravano spesso come offerte di pace e oggetti di scambio nei trattati tra cristiani e saraceni nel periodo delle crociate. Per mille e più anni i falconi godettero di una popolarità e di un grado di protezione da ogni molestia da parte dell'uomo, raramente accordati ad altri animali nel corso della storia umana. L'uso del fucile per la caccia e la gestione intensiva delle riserve, oltre a sconvolgimenti sociali come la rivoluzione industriale in Inghilterra e la rivoluzione francese, portarono a partire dal diciassettesimo secolo a cambiamenti che nell'arco di un centinaio di anni condussero al declino della falconeria.  All'inizio del ventesimo secolo l'atteggiamento dell'uomo verso i falconi appare ormai comletamente ribaltato, e per lungo tempo il nobile pellegrino e tutti i suoi parenti - lo smeriglio, il lodolaio e perfino il gheppio oltre che gli astori, aquile-vennero considerati animali nocivi dai guardiacaccia e dai loro padroni e dai cacciatori di anatre e di selvaggina pregiata. I falchi venivano abbattuti senza pietà, avvelenati, catturati con le trappole, le loro uova e i loro piccoli distrutti nei nidi.Quando venivano catturati nelle reti dagli uccellai venivano accecati, spiumati vivi o crocefissi. Nella parte estrema della Calabria ogni anno falchi pecchiaioli, poiane, capovaccai, sparvieri, astori e altri venivano impallinati dai cacciatori per puro diletto. Come se queste carneficine non fossero state sufficienti, all'inizio del diciannovesimo secolo si diffuse tra i naturalisti una nuova moda: collezionare uova di uccelli; e naturalmente le uova dei falconi erano particolarmente ricercate, a causa della loro grande bellezza, della relativa rarità e della difficoltà nel procurarsele. Durante questo periodo un pugno di falconieri continuò a praticare il proprio sport in Europa. E' vero che questi falconieri catturavano un certo numero di falchi adulti e immaturi di passo e prelevavano giovani dai nidi - o pagavano i guardiacaccia per farsi cosegnare i giovani che essi altrimenti avrebbero ucciso; ma gli effetti delle loro azioni sulle popolazioni selvatiche possono essere considerate irrilevanti in confronto alle distruzioni effettuate dai guardiacaccia, contadini, cacciatori e di allevatori di piccioni viaggiatori. Dal 1700 al 1930 i falconieri furono praticamente i soli a difendere i falconi dalle distruzioni a tappeto e a sostenere la loro bellezza e la loro utilià nella trama della natura. Nel complesso si può dire apertamente che i falconieri sono stati e continuano ad essere fra i più attivi protezionisti delle specie selvatiche di falchi. Quando si scoperse il ruolo del DDT nella distruzione dei falchi pellegrini e di alcuni altri uccelli da preda, se ne parlò con un interesse e una preoccupazione che non erano mai stati suscitati dalle antiche statistiche sulle distruzioni dei secoli passati. Ora nella maggior parte dei paesi i falchi sono considerati specie protette e ne sono proibite l'uccisione e la cattura. Il trattato internazionale sul commercio delle specie di fauna e flora in pericolo di estinzione ha incluso il falco pellegrino, il falcone di Barberia, il gheppio delle Mauritius, il gheppio delle Seychelles e la razza di Aldabra del newtoni nell'appendice 1, quella che riguarda le specie sottoposte a protezione più rigida; tutte le altrespeci del genere Falco sono incluse nell'appendice 2, il successivo grado di restrizione. Contemporaneamente nacquero centri di recupero rapaci, società di appassionati di falchi e organizzazioni per la riproduzione in cattività in tutte le parti del mondo. In nessun momento della storia i falconi e i loro parenti pennuti sono stati tanto amati dal pubblico e così ben studiati come lo sono oggi. Anche la falconeria non è mai stata popolare come oggi. Tom Cade asserisce che ci sono più falconieri ora che in qualsiasi momento del passato e viene praticata ormai in ogni parte del mondo. Alcuni si oppongono alla falconeria sostenendo che è inumano e crudele tenere una creatura selvatica in cattività; ma io credo che siano molto più numerosi quelli che ammettono che fintanto che siano ben accuditi gli animali possono essere tenuti in cattività per ragioni scientifiche, di educazione, negli allevamenti per la riproduzione. La falconeria inoltre ha molti meriti particolari. Essa è generalmente considerata come la forma di caccia più completa e più difficile mai concepita, e richiede da parte del falconiere un alto grado di attenzione, sensibilità e devozione. Spinge il cacciatore ad un profondo attaccamento alla natura, a studi pratici di storia naturale e spesso a vere e proprie ricerche di carattere scientifico sugli uccelli da preda. La falconeria è un tipo di caccia completamente sicura. Nessun falconiere ha mai ucciso un’altra persona o ha fatto danni con i suoi falchi. Oggi si potrebbe cacciare con un falco in luoghi dove è pericoloso o addirittura illegale farlo con il fucile, e quando la sovrappopolazione avrà finito per rendere la caccia col fucile un’attività impraticabile e socialmente inaccettabile, sarà ancora possibile andare a caccia con i falchi addestrati.